Che tristezza, che ansia, che gioia… quante volte, di fronte a una scelta decisiva, è risuonato questo pensiero che Michail Bulgakov mirabilmente esprime nel suo capolavoro “Il Maestro e Margherita” per rappresentare l’ansia che attanaglia nel momento in cui ci si incammina verso una nuova fase della propria vita, che inizia di solito quando si accettano parti di sé che prima stavano in Ombra!
“La tristezza mi ha presa al pensiero della lunga strada che ci attende. Non è vero – Messere – che essa è perfettamente naturale anche quando si sa che alla fine della strada attende la felicità?” È il pensiero di Margherita, che spesso rincorre di fronte ai nuovi inizi, e che Michail Bulgakov ben esprime nel suo romanzo più famoso. I nuovi capitoli sono sempre difficili da scrivere: attendono portando con sé un carico di tristezza, ansia ma anche aspettative e desideri. La volontà di cambiare e andare oltre si affaccia solitamente quando interviene qualcosa di nuovo, quando ci accorgiamo di parti di noi che avevamo rifiutato e le accettiamo, anche se spesso ci costa riconoscere di non essere così immacolati come speravamo. C’è nascosta in noi una parte di Ombra, ovvero un aspetto che avevamo preferito rimuovere. Forse da piccoli ci è stato detto di qualcosa che “non si fa”, e quindi abbiamo smesso di farlo. Poi, metaforicamente, il diavolo arriva in città, che è quello che accade ne “Il Maestro e Margherita”, e tutto cambia. Ciò che avevamo bandito dalla nostra coscienza torna alla luce e tutto cambia.
Accettare l’Ombra
Essere ciò che si sente nel proprio profondo, essere ciò che si è, oppure ciò che l’educazione e la storia familiare inducono ad essere? Fare ciò che si ritiene e giusto o ciò che è giusto per gli altri?
Riprendere dalla libreria l’opera pubblicata postuma dallo scrittore russo rappresenta una buona occasione per uno sguardo fiducioso in tempi di incertezza e di conflitto come questi. Specie per le giovani generazioni, spesso incastrate nel far collimare aspettative e realtà, che non trovano la realizzazione delle proprie capacità. Questo del conflitto come parte integrante – se non essenziale – della realtà è un tema che si incontra in molte delle pagine del romanzo, che si snoda a cavallo tra reale e irreale, tra paranormale e razionale, tra bene e male, financo ad arrivare a suddividere i personaggi tra buoni e cattivi, in maniera molto netta e quasi caricaturale. Tutti, tranne il protagonista: Woland. Si presenta come un mago nero, ma in realtà è il diavolo in persona. Un personaggio che piacerebbe molto a C.G.Jung, che della congiunzione degli opposti ha fatto il perno della sua teoria psicanalitica. Afferma Woland: “Non vuoi invece essere così buono da riflettere sulla questione: che cosa avrebbe fatto il tuo bene se non fosse esistito il male, e che aspetto avrebbe la terra se da lei non scomparissero le ombre. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono anche le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai forse scorticare l’intera sfera terrestre, strappandole di dosso tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo, per la tua fantasia di abbandonarti al godimento della nuda luce?”. L’Ombra è la parte che ogni essere umano ha in sé e cerca a tutti i costi di nascondere, e che va invece vista ed esaminata ai fini di un’esistenza serena. Integrata è il termine corretto, ovvero va accettato che siamo esseri fatti di antinomie che vorrebbero incontrarsi a metà.
Un romanzo tra satira e amore
C’è un altro tema portante nel libro che, constando di 500 pagine dal ritmo serrato, di temi ne riporta svariati: proprio utilizzando il pretesto narrativo del diavolo che arriva a Mosca, Bulgakov innesca la sua critica satirica alla società autoritaria, burocratica e povera caratteristica della Russia Sovietica del tempo (il libro viene scritto tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso) ma anche della superficialità e vanità di coloro che appartenevano alla nomenklatura. Ad essi è dedicata la seconda parte del libro, con il racconto del famoso ballo a cui partecipano dei dannati vestiti in marsina, e che pare che pare rifarsi al reale Ballo di Primavera che l’ambasciatore degli Stati Uniti organizzò a Mosca nel 1935. Satira politica che ostacolò la diffusione del libro, su cui la censura pose la sua mano pesante: solo nel 1967 esso venne pubblicato integralmente, a Parigi. Ma chi sono il Maestro e Margherita? Sono i protagonisti di quella che, secondo lo storico Alessandro Barbero, è la più grande storia d’amore mai scritta, tanto che, nel raccontarla, si commuove.
Conosciamo il Maestro alla fine della prima parte del libro, nelle vesti di uno scrittore senza nome. Arriviamo a incontrarlo nella sua stanza del manicomio in cui è rinchiuso dopo aver assistito, di pagina in pagina, a una carrellata di eventi successivi all’arrivo del diavolo a Mosca: improbabili scene comiche e surreali che vedono impazzire decine di persone che non riescono a inserire gli eventi sovrannaturali a cui assistono nella realtà quotidiana, e perciò, appunto, impazziscono, venendo internati. Ad uno di questi ammattiti, il Maestro narra la sua storia, che si incentra sulla stesura del suo manoscritto dedicato alla storia di Ponzio Pilato. Alcuni dei capitoli del suo libro diventano a tutti gli effetti capitoli del libro di Bulgakov, quasi a rappresentare un effetto droste narrativo.
La copertina di Ummagumma dei Pink Floyd, esempio di “effetto Droste”
Il Maestro e Margherita: la trama
Lo scrittore senza nome, sconfortato, passeggia per Mosca fino ad incontrare una donna con dei brutti fiori gialli. Si innamorano a prima vista consapevoli che il loro incontro sia voluto dal destino, e vivono la loro storia clandestinamente essendo lei infelicemente sposata. Trascorrono molto tempo in uno scantinato occupati nella stesura del romanzo su Ponzio Pilato che, una volta portato a termine, viene aspramente criticato, quando non deriso, dai letterati moscoviti. Succede – e il lettore non saprà mai il come né il perché – che i due vengono separati, senza mai riuscire a riprendersi dalla separazione. Arriva il diavolo, chiede a Margherita di essere la sua regina durante il ballo di cui sopra, e alla fine la vuole ricompensare realizzando un suo desiderio. Lei chiede di riavere subito, immediatamente, seduta stante, il Maestro. E così è. Ma la storia d’amore è solo parte del libro, come parte è rappresentata dal gran ballo, altre parti raccontano di altri personaggi, altri capitoli sono invece quelli dedicati al romanzo su Ponzio Pilato, con il suo cane Banga e la non emendabile colpa di aver mandato a morire Gesù. Un romanzo scarmigliato, eppure sempre logico e coerente, da abile scrittore di fantascienza quale Bulgakov era.
Nella coscienza collettiva Il Maestro e Margherita è considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura russa del Novecento. Eugenio Montale lo ha definito come “un miracolo che ognuno deve salutare con commozione”.
Stupefacente il finale, in cui Woland, il diavolo, riceve da Lui (inteso come il capo delle forze del bene, senza ulteriori chiarimenti) l’ordine di prendere il Maestro con sé e di premiarlo con la pace. Quindi deve obbedire e consegna i due innamorati ad una pace perenne: Bulgakov capovolge la logica dei racconti con il maligno facendolo in questo caso diventare colui che porta la giustizia finale.
Leggiamoci questo capolavoro e annotiamoci i tanti insegnamenti di saggezza anche perché, come dice Bulgakov “L’uomo è mortale, ma questo è ancora il meno. Il guaio è che può morire all’improvviso, è qui il punto! E in generale non può dire che cosa farà la sera”.
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